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Appariscenza del bene sociale. Lo è per i suoi destinatari,i
quali formano un tutto omogeneo, solidale e universale.
La classe operaia si unisce, si fa forte per una tensione
prima aggiuntiva, poi migliorativa, poi perfettiva, poi
superlativa o relativa assoluta. Si parte con il buon amore
e poi si corre al puro egoismo.

Liberamente mi rinnego il piacere dell’amarmi e dell’odiare,
sciolgo la morte dell’amore e vado svolgendo la
vita dell’amore. L’amore genera il bene. L’amore per me
me lo fa divorare, ed io ne ho un grande piacere. Il piacere
del bene mi inganna. Novità: è più pericoloso del piacere
del male. Il piacere del bene mi fa generatore di bene
appariscente: bene visibile che appare, e va a destinatari
appariscenti. Ho fatto parola del bene sociale perché oggi
giorno è il bene più appariscente di ogni altro.
Va diretto e diritto a una intera classe di poveri sociali.
1) Lo sanno tutti che la classe operaia forma un tutto omogeneo
e solidale,almeno al presente.
2) Forma un tutto solidale, almeno nelle espressioni sociali;
non così in quelle individuali, dove regna una bassa
e meschina rivalità.
3) Forma un tutto universale: la classe operaia è una realtà
presente ormai in tutto il mondo, o almeno vi è avviata.
Per tutto questo i destinatari del bene sociale sono i più
appariscenti. Che cosa l’ha resa così appariscente? La
povertà non piace a nessuno.
Nella vita di una persona che si sente piccola, in mezzo a
una povertà generale, senza alcuna possibilità di rimozione,
può essere anche accettata bonariamente, magari con il
sostegno anche religioso.
Ma non appena brilla la possibilità della sua rimozione,
allora si vedono i poveri di una stessa classe sociale emersi,
diventare una forza in movimento per garantirsi i mezzi
vitali, per la loro vita e la loro crescita: ecco il potere
sociale in atto. Se un piccolo seme che sviluppa la vita
acquista una forza così sbalorditiva per uscire dal terreno,
cosa non avverrà quando una massa umana fa forza per
aver un suo spazio vitale ed accrescitivo! La spinta iniziale
non è che si esaurisca al conseguimento del giusto
necessario, ma prosegue in una corsa sempre più veloce,
inarrestabile, che sviluppa un moto perpetuo. Sono in
molti a pensarlo, ma pochi a denunciarlo.
Una rivista religiosa, che dà fin troppo spazio ai piaceri
della tavola e del vestire per farsi piacere da una massa
crescente di lettori, ha avuto il coraggio di mandare un
S.O.S. al sindacato, gridandogli in prima pagina: ‘Dove
vai, sindacato?’.
Noi cristiani da tempo avremmo dovuto dirci: il necessario
alla crescita della vita ci basta a formarci; non lo abbiamo
fatto, e non abbiamo consigliato a nessuno di farlo.
Saremmo apparsi come dei reazionari.
Il bene sociale è fare ciò con una tensione aggiuntiva: arrivare
al giusto sociale; oggi è chiamata tensione migliorativa
della vita; anzi, si sta già oltreversando in tensione
perfettiva del tenore di vita; punterà sicuramente a una
superlativa, prima relativa, e poi assoluta.
Il bene sociale appariscente percorre questa traettoria.
Donde viene alla classe operaia tanta unità, coesione e
forza? Prima gli è venuta dalla bontà dell’amore, che troppo
presto si è cambiata nella infernalità dell’amore egoistico.
L’amore infernale ci vuole grandi, potenti e gaudenti
fino al superlativo. L’amore per me castigato si prende
la sua terribile rivincita.
Il male non mi inganna, ma il bene riesce a farlo. Siamo
tutti pronti a meravigliarci dell’ondata travolgente di odio:
violenza, terrorismo, vendette raccapriccianti della malavita.
Non ci siamo ancora accorti che l’odio dilagante è il
giustiziere dell’amore egoistico.
Dall’amarci non esce la vita; si sprigiona unicamente la
morte viva dell’amore che uccide. Almeno noi cristiani
dovremmo essere capaci di confessare l’inganno del bene
appariscente. L’inganno del male è solubile; non più quello
del bene corrente, accecante di amore di odio.

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